Cos’è il wabi-sabi?
Wabi-sabi (in Kanji: 侘寂) costituisce una visione del mondo giapponese, o
estetica, fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose.
L’espressione deriva da due caratteri 侘 (wabi) e 寂 (sabi): tale visione, talvolta descritta come “bellezza imperfetta, impermanente e incompleta”
deriva dalla dottrina buddhista dell’anitya
(sanscrito, giapp. 無常 mujō; impermanenza).
Secondo Koren, il wabi-sabi è la più evidente e
particolare caratteristica di ciò che consideriamo come tradizionale bellezza
giapponese dove “occupa all’incirca lo
stesso posto dei valori estetici come accade per gli ideali di bellezza e
perfezione dell’Antica Grecia in Occidente“.
Andrew Juniper afferma che “se un oggetto o un’espressione può provocare dentro
noi stessi una sensazione di serena malinconia e un ardore spirituale, allora si può dire che quell’oggetto è wabi-sabi“.
Richard R. Powell riassume dicendo “(il
wabi-sabi) nutre tutto ciò che è autentico accettando tre semplici verità: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto“.
Le parole wabi e sabi
non si traducono facilmente.
Wabi si riferiva originariamente alla solitudine della vita nella natura, lontana dalla
società; sabi significava “freddo“,
“povero” o “appassito“.
Verso il 14esimo secolo questi significati
iniziarono a mutare, assumendo connotazioni più positive.
Wabi identifica oggi la semplicità rustica, la freschezza o
il silenzio, e può
essere applicata sia a oggetti naturali che artificiali, o anche l’eleganza non ostentata. Può anche
riferirsi a stranezze o difetti generatisi nel processo di costruzione, che
aggiungono unicità ed eleganza all’oggetto.
Sabi è la bellezza o la serenità che accompagna l’avanzare
dell’età, quando la vita degli oggetti e la sua impermanenza sono evidenziati dalla patina e
dall’usura o da eventuali visibili riparazioni.
Sia wabi che sabi suggeriscono sentimenti di desolazione e solitudine.
Nella visione dell’universo secondo il Buddhismo Mayahana, questi possono
essere visti come caratteristiche positive, che rappresentano la liberazione dal mondo materiale e
la trascendenza verso
una vita più semplice.
La filosofia mahayana stessa, comunque, avverte
che la comprensione
genuina non può essere raggiunta attraverso le parole o il linguaggio, per
questo l’accettazione
del wabi-sabi in termini non verbali può costituire l’approccio più giusto.
I concetti di wabi e sabi sono originariamente
religiosi, ma l’uso che si fa attualmente di queste parole in giapponese è
spesso abbastanza causale. In ciò si può notare la natura sincretica dei
sistemi di credenze
giapponesi.
Una traduzione molto semplice di wabi-sabi
potrebbe essere bellezza triste.
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Cos’è il wabi-sabi?
Uso questo termine perchè riassume in una “sola” parola un concetto molto importante.
Uso questo termine perchè riassume in una “sola” parola un concetto molto importante.
Uno dei più grandi architetti della storia,
Frank Loyd Wright, sosteneva che una costruzione ma più in generale una cosa dovrebbe avere in se la bellezza.
La bellezza deve derivare dalla forma e dal
modo in cui è costruita una qualsiasi cosa, non da cosa gli si mette sopra per
abbellirla. In termici di economicità potremmo dire che una costruzione wabi-sabi, non necessiterebbe di
aggiunte puramente estetiche e costose.
Il wabi-sabi è un ideale artistico tipicamente giapponese
che descrive la bellezza di oggetti di fattura rustica e non rifinita,
solitamente caratterizzati da un uso di materiali naturali grezzi, da superfici
ruvide o corrose dalle intemperie, da assenza di forme geometriche regolari e
dai colori scuri o neutri.
Il termine, nato durante il periodo Ashikaga in
relazione all’estetica della cerimonia del tè e successivamente allargato a
comprendere forme d’arte
diverse, è ricco di rimandi a concezioni
filosofiche, religiose
e morali taoiste e
buddhiste e soprattutto alla dottrina del buddhismo zen (l’apprezzamento di una vita a contatto
con la natura, la transitorietà del creato e l’inafferrabilità della sua
essenza, ecc.).
Calato nel nostro abitare diremo semplicemente
che è la bellezza delle cose imperfette,
grezze, senza inutili
aggiunte prettamente estetiche; è la bellezza
delle cose umili e modeste,
semplici (lo spendere tanto non è sempre sinonimo di bello), è la bellezza
delle cose insolite, diverse, originali.
Fonti: http://www.lamentemente.com
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